PROCEDIMENTO DI ACCERTAMENTO DELL’ASSENZA PER MALATTIA: UN CASO DI ILLEGITTIMA IRROGAZIONE DELLA SANZIONE PER ASSENZA ALLA VISITA FISCALE INPS
Sommario:
1. Il caso – 2. L’impugnazione del provvedimento sanzionatorio – 2.1.
L’illegittimità del provvedimento sanzionatorio per insussistenza dei
presupposti – 2.2. L’illegittimità del provvedimento sanzionatorio per
vizio del procedimento di accertamento – 3. La domanda di annullamento e
la decisione dell’INPS
1. Il
caso
La
signora Tizia – residente in Torino e dipendente di un’Azienda – veniva
ricoverata dall’11.12.2023 al 13.12.2023 presso un ospedale sito in Puglia, ove
veniva sottoposta ad intervento chirurgico.
La
malattia veniva certificata in data 12.12.2023 dal dott. Caio, il quale
stabiliva una prognosi di 10 giorni, dall’11.12.2023 al 20.12.2023. Altresì, il
dott. Caio certificava che la signora Tizia – non potendo far ritorno nel luogo
di residenza – avrebbe trascorso il periodo di malattia in Puglia.
In
data sabato 16.12.2023, la signora Tizia faceva rientro nella Città di
residenza (Torino) ed il successivo lunedì 18.12.2023 (primo giorno utile), si
recava presso lo Studio del suo medico di base dott. Sempronio, il quale
confermava la prognosi di 10 giorni precedentemente certificata dal dott. Caio (dall’11.12.2023
al 20.12.2023) e, altresì, annotava la modifica dell’indirizzo di reperibilità;
tuttavia, in pari data (18.12.2023) la signora Tizia faceva rientro al lavoro
(la signora Tizia, quindi si assentava dal lavoro per malattia per un periodo complessivo
di 8 giorni, dall’11.12.2023 al 18.12.2023).
Sennonché,
il giorno precedente (domenica 17.12.2023), al primo indirizzo di reperibilità
comunicato (Puglia), giungeva un medico incaricato dall’INPS. Il sanitario
veniva accolto dai parenti della signora Tizia, i quali gli riferivano che la
ricorrente non era presente a quell’indirizzo, in quanto tornata presso il
luogo di residenza in Torino.
Successivamente,
nel mese di gennaio (18.01.2024), l’INPS comunicava alla signora Tizia il
provvedimento sanzionatorio di cui all’art. 5, comma 14, del decreto-legge 12
settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni in Legge 11 novembre
1983, n. 638, il quale prevede che “Qualora il lavoratore, pubblico o
privato, risulti assente alla visita di controllo senza giustificato motivo,
decade dal diritto a qualsiasi trattamento economico per l’intero periodo sino
a dieci giorni e nella misura della metà per l’ulteriore periodo, esclusi
quelli di ricovero ospedaliero o già accertati da precedente visita di
controllo”.
2. L’impugnazione
del provvedimento sanzionatorio
Avverso
il suddetto provvedimento sanzionatorio, ai sensi dell’art. 46 della Legge 9
marzo 1989, n. 88, la signora Tizia – per il tramite dell’Avv. AndreaPersichetti (Avvocato abilitato a presentare istanze e ricorsi all’INPS) –
proponeva ricorso in via amministrativa al Comitato Provinciale dell’INPS, in
quanto ritenuto illegittimo per
due ordini di ragioni: in primo luogo, per l’insussistenza dei presupposti
giustificativi dell’impugnando provvedimento; in secondo luogo – ed in ogni
caso – perché il medesimo provvedimento sanzionatorio era frutto di un
procedimento di accertamento viziato.
2.1. L’illegittimità del provvedimento
sanzionatorio per insussistenza dei presupposti
Con riferimento al primo motivo di
impugnazione, si rilevava che l’assenza certificata dal sanitario incaricato
dall’INPS per effettuare la visita medica di controllo domiciliare non poteva
ritenersi rilevante e giustificativa della sanzione di cui all’art. 5, comma
14, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463.
Infatti, sebbene la signora Tizia non avesse
ritualmente comunicato la variazione dell’indirizzo di reperibilità mediante lo
“Sportello al cittadino per le VMC” messo a disposizione dei lavoratori
sul canale telematico dell’INPS (Circolare 23 settembre 2020, n. 106), aveva in
effetti provveduto a comunicare il nuovo indirizzo di reperibilità attraverso
il certificato del medico di base dott. Sempronio, modalità che doveva
ritenersi comunque utile all’assolvimento dell’onere di comunicazione (si
faceva inoltre presente che la comunicazione dell’indirizzo di reperibilità
effettuata attraverso il certificato medico costituisce l’unica modalità di
assolvimento dell’onere di comunicazione in occasione della prima
certificazione della malattia).
In
particolare, si evidenziava che la comunicazione relativa all’indirizzo di reperibilità trasmessa con
modalità irrituali non poteva, per sé stessa, ritenersi inefficace.
Infatti, in applicazione analogica degli artt.
121 e 156, comma 1, c.p.c., la comunicazione fatta dalla signora Tizia doveva
ritenersi positivamente assolta e perfettamente valida, in quanto compiuta con
una modalità idonea al raggiungimento dello scopo e non sanzionabile in termini
di nullità in assenza di una specifica disposizione di legge che preveda
specificatamente la comminazione di tale sanzione.
Peraltro, si evidenziava che, come chiarito
dall’INPS nella Circolare 23 settembre 2020, n. 106,
“ogni nuova reperibilità comunicata, nell’ambito dello stesso certificato di
malattia in corso di validità, implica l’annullamento automatico dell’eventuale
precedente reperibilità limitatamente al periodo di sovrapposizione tra i
periodi delle due variazioni comunicate”, sicché solo all’ultimo indirizzo
in Torino comunicato dalla signora Tizia doveva farsi riferimento ai fini della
visita medica di controllo domiciliare.
In ogni caso, la comunicazione irrituale del
nuovo indirizzo di irreperibilità doveva ritenersi efficace sulla scorta del principio
espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, secondo cui la non reperibilità del
lavoratore per omessa comunicazione del diverso domicilio non costituisce una
vera e propria ipotesi di “assenza alla visita di controllo”, dovendosi
più precisamente ricondurre alla diversa ipotesi di “mancata comunicazione
del diverso domicilio ai fini della visita di controllo” (cfr. Cass. n. 13063/2022).
In virtù del su esposto principio, pertanto,
lo scenario verificatosi nel caso de quo non poteva ricondursi
all’ipotesi di cui all’art. 5, comma 14, del decreto-legge 12 settembre 1983,
n. 463, il quale espressamente prevede l’irrogazione della sanzione soltanto
per il caso in cui il lavoratore risulti “assente” alla visita medica di
controllo (e non anche per il caso in cui il lavoratore abbia omesso di
comunicare il diverso domicilio).
2.2. L’illegittimità del provvedimento
sanzionatorio per vizio del procedimento di accertamento
Con riferimento al secondo motivo di
impugnazione, si contestava la legittimità del provvedimento sanzionatorio in
quanto viziato da errores in procedendo a causa dell’inosservanza della
procedura prevista per l’irrogazione della sanzione di cui all’art. 5, comma
14, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463.
L’art. 9 del D.M. 18 aprile 1996, rubricato “Assenza
a visita di controllo”, dispone che “In caso di impossibilità di
eseguire la visita per assenza del lavoratore all’indirizzo indicato, il medico
sarà tenuto a darne immediata comunicazione all’Istituto nazionale della
previdenza sociale ed a rilasciare, possibilmente a persona presente nell’abitazione
del lavoratore, apposito avviso recante l’invito al lavoratore a presentarsi al
controllo ambulatoriale il giorno successivo non festivo presso il gabinetto
diagnostico dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, ovvero, qualora
non sia facilmente raggiungibile, presso il competente presidio sanitario
pubblico, secondo quanto indicato nell’avviso stesso e salvo che l’interessato
non abbia ripreso l’attività lavorativa”.
Altresì, con Circolare 8 agosto 1984, n. 183, l’INPS
ha specificato che “Nel caso in cui all’indirizzo del lavoratore assente si
trovi un familiare convivente non minore di anni quattordici (secondo il
criterio fissato dall’art. 139 del c.p.c. per la notificazione degli atti
giudiziari), un invito a successiva visita ambulatoriale è consegnato nelle sue
mani, raccogliendone ricevuta. Ove non sia presente il familiare convivente la
copia del modulo destinata al lavoratore e contenente l’invito a visita
ambulatoriale viene consegnata nelle mani del portiere dello stabile, raccogliendone
ugualmente ricevuta, o immessa nella cassetta delle lettere del lavoratore. Il
modulo di referto in questione dovrà chiaramente riportare l’ora e il giorno
dell’accesso e i motivi per i quali non è stato possibile effettuare la visita
di controllo. […] Ove la consegna dell’invito ambulatoriale non possa essere
effettuata nelle mani del familiare convivente o del portiere, e nei casi in
cui il lavoratore, invitato a visita ambulatoriale mediante immissione
dell’invito nella cassetta della posta, non si sia presentato all’ora e nel
giorno indicati, la USL provvederà ad invitare nuovamente il lavoratore
mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno a mezzo dello stesso
modulo. La mancata presentazione a visita nel giorno indicato nell’invito, deve
essere tempestivamente comunicata alla Sede INPS, che provvederà a notificarla
al lavoratore interessato mediante raccomandata con ricevuta di ritorno
allegando copia del referto ed a richiedere documentazione delle eventuali
cause giustificative, da fornire entro 10 giorni. […] Trascorso inutilmente
tale termine, ovvero valutati negativamente i motivi addotti, la Sede
applicherà la sanzione prevista, dandone comunicazione al lavoratore, mediante
lettera raccomandata e, nei casi di pagamento a conguaglio, al datore di
lavoro, ai fini anche degli eventuali recuperi”.
Ebbene, nel caso di specie, nessun segmento
della descritta procedura era stato osservato.
Innanzitutto, la signora Tizia – risultata
“assente” alla visita medica di controllo domiciliare – non veniva invitata a
successiva visita ambulatoriale volta all’accertamento della malattia del
lavoratore. Infatti, l’operatore sanitario giunto all’indirizzo pugliese provvedeva
ad annotare l’assenza sul modulo di referto ed a trasmettere detto referto alla
sede zonale dell’INPS, omettendo di consegnare ai parenti della signora Tizia
l’avviso di invito a successiva visita ambulatoriale (o, al più, a rilasciare
detto invito nella cassetta postale).
Ed ancora, sebbene la signora Tizia non si fosse
presentata a visita ambulatoriale (non avendo ricevuto l’invito), non veniva
raggiunta dalla richiesta dell’INPS di produrre, entro 10 giorni, la
documentazione idonea a giustificare l’assenza all’indirizzo di reperibilità e
la mancata comparizione alla visita medesima.
Completamente omesse le suddette fasi
procedimentali, la signora Tizia veniva per la prima volta raggiunta da
comunicazione dell’INPS soltanto il 18.01.2024, allorché riceveva la lettera
raccomandata con la quale dell’Istituto previdenziale comunicava l’irrogazione
della sanzione di cui all’art. 5, comma 14, del decreto-legge
12 settembre 1983, n. 463.
A cause delle suddette mancanze
procedimentali, la signora Tizia si era vista improvvisamente ed
inaspettatamente notificare il provvedimento sanzionatorio senza aver avuto la
possibilità di confermare il suo stato di malattia, peraltro correndo anche il
rischio di subire un procedimento disciplinare da parte dell’Azienda datrice di
lavoro, con conseguente possibile licenziamento per giusta causa.
Inoltre, qualora l’assenza al domicilio si
fosse dovuta ritenere circostanza effettivamente verificatasi, a causa delle suddette
omissioni procedimentali la signora Tizia non era stata posta in condizione di
fornire i motivi giustificativi dell’assenza: ella, infatti, avrebbe potuto
ipoteticamente addurre a motivazione dell’assenza una qualsiasi causa
giustificativa tra quelle individuate dall’INPS nella Circolare 8 agosto 1984, n.
183, ovvero, una di quelle di volta in volta individuate dalla giurisprudenza
di legittimità (visita medica, cure urgenti, attività di volontariato,
assistenza ad un familiare ricoverato in ospedale; cfr., ex plurimis,
Cass. n. 14503/1999; Cass. n. 4247/2004; Cass. n. 12458/1998; Cass. n.
2604/1990; Cass. n. 5718/2010; Cass. n. 10661/2016).
3. La domanda di annullamento e la decisione
dell’INPS
In virtù dei motivi sopra esposti, si chiedeva
al Comitato Provinciale dell’INPS di accertare e dichiarare l’illegittimità del
provvedimento sanzionatorio adottato dall’INPS-Sede di Torino.
Esaminato il ricorso, l’INPS-Sede di Torino – ai sensi dell’art. 21-nonies della Legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché dell’art. 6 del Regolamento INPS 27 settembre 2006, n. 275, recante disposizioni in materia di autotutela – disponeva d’ufficio l’annullamento del provvedimento.
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