Non informò sulla scadenza dei buoni fruttiferi: Poste Italiane condannata a risarcire una famiglia per 5mila euro
Secondo l'azienda, quei soldi non dovevano essere restituiti perché
reclamati troppo tardi: 21 anni dopo la firma in calce al contratto.
Avrebbe dovuto consegnare ai clienti, allegata ai
buoni fruttiferi, un'informativa che riportasse la durata, la scadenza e il
termine di prescrizione decorso il quale il titolare non avrebbe più potuto far
valere il diritto al rimborso. Con questa motivazione il Giudice di Pace di
Torino ha condannato Poste Italiane a risarcire 5mila euro di danni a una
pensionata ultraottantenne e a suo figlio, che si sono visti negare il rimborso
del capitale investito in due buoni fruttiferi postali da 2.500 euro l'uno, sottoscritti
nel 2001.
I due, assistiti dall'avvocato Andrea Persichetti,
hanno agito in giudizio dopo aver tentato invano di riscuotere i buoni
all’ufficio postale, che dopo la morte del titolare erano finiti in successione
insieme agli altri beni. Vano anche il tentativo di mediazione con Poste, che a
novembre 2022 ha negato la restituzione della somma sostenendo che il termine
di prescrizione (dieci anni) fosse decorso da un pezzo. In sostanza, secondo
l'azienda, quei soldi non dovevano essere restituiti perché reclamati troppo
tardi, ben 21 anni dopo la firma in calce al contratto. A quel punto i titolari
si sono rivolti a un avvocato, spiegando che non erano stati messi al corrente
del termine di prescrizione e chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali.
Da lì è partito uno scambio di carte bollate, tra cui una lettera in cui Poste
ribadiva le ragioni del no al rimborso: tra esse l’aver esposto in tutti gli
uffici postali delle tabelle con l’indicazione delle condizioni praticate.
Il giudice però ha dato ragione ai ricorrenti: un
decreto ministeriale in vigore dal 2001 infatti impone a chi emette strumenti
di risparmio postale (di cui i buoni fruttiferi fanno parte) di informare la
clientela a tuttotondo, riportando condizioni e termini in un “foglio
informativo analitico” che deve essere consegnato al momento della
sottoscrizione. Un documento mai consegnato alla famiglia, che perciò ha atteso
oltre vent'anni per chiedere indietro le somme investite senza minimamente
sospettare che fosse troppo tardi. Un tempo troppo lungo anche per ricorrere
all'arbitro bancario-finanziario, che ha competenza a dirimere questo tipo di
liti ma solo per fatti vecchi non più di sei anni.
Per il giudice, la buona fede dei due privati è
provata anche dal fatto che le cedole della serie AA2 emesse dopo l’entrata in
vigore del decreto riportavano solo il valore nominale, ma non la scadenza e
nemmeno l'indicazione della serie, rendendo impossibile recuperare altre
informazioni ex post. Siccome non si può presumere a quale data i titolari
avrebbero riscattato i buoni se fossero stati al corrente del termine di
prescrizione, il giudice ha liquidato una somma uguale al capitale investito,
senza interessi se non quelli legali maturati dal deposito del ricorso. Poste
dovrà rimborsare anche le spese legali.
https://www.torinotoday.it/cronaca/risarcimento-Poste-scadenza-buoni-fruttiferi-.html
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